Julio César Uribe, ex giocatore della nazionale peruviana e idolo dello Sporting Cristal, ha fornito i dettagli del suo tempo al Cagliari in Serie A in Italia e ha rivelato che in quel momento ha commesso il più grande errore di la sua carriera sportiva.
Julio César Uribe ha detto, nel programma 'La fe de Cuto' del quotidiano Trome, che in quel momento era stato eletto miglior giocatore straniero della Serie A italiana, battendo Diego Maradona del Napoli e Zico de Udinese, ma un cattivo atteggiamento in quel momento non gli permetteva di continuare a giocare e crescere al Calcio.
JULIO CESAR URIBE PREMIATO IN ITALIA
«Nel primo anno (ha vinto il suo primo premio), a sei mesi. C'è il campionato di andata e il campionato di seconda tappa. In quel periodo di 15 partite, che erano 30 all'epoca, dopo 15 partite fui riconosciuto come il miglior giocatore straniero, con Diego Maradona e Zico. Mi è stato riconosciuto il premio, quando c'erano i tre stranieri: il Napoli prende Maradona, l'Udinese prende Zico e il Cagliari prende me, ma ho dovuto continuare, fino a quando non ho commesso l'errore più grande di tutta la mia carriera. Non per accettare la decisione dell'allenatore e questo mi ha chiuso le porte del calcio italiano. Professionista al 100% dentro e fuori dal campo, ma a causa della giovinezza e dell'interpretazione del momento, ho pensato che chi produce di più debba giocare»
LA LOTTA CON IL TECNICO UDINESE
«Sono stato un jolly, ma non sono mai stato ingrandito. Il mio carattere forte dà la sensazione che possa essere ingrandito. Ho avuto un livello di convinzione molto forte, questo è ciò che dà la sensazione di essere allargato. Ho seguito il processo bancario, ma sono ossessionato dalla produttività. Quindi, è normale che quando vedi una produttività di «non segnare gol», «non calciare» e «non dare passaggi in gol». C'è un allenatore che deve prendere decisioni e quando tocca all'allenatore decidere dico 'non vado in banca', ma professionalmente ammetto che è stato il più grande errore della mia carriera sportiva».
IL DISCORSO DEL PRESIDENTE DI CAGLIARI
«Ho detto 'non vado in banca' e lui mi ha detto 'Che vuol dire che non va in banca? Stai scherzando? «Non vado in banca, non ti piaccio» e non ci sono andato. Poi l'allenatore informa il presidente del Cagliari che aveva preso questa decisione e il presidente mi chiama (per lamentarmi). Era nuvoloso. Poi mia moglie mi ha fatto capire la ragione quando gliel'ho detto. Il giorno dopo mi sono scusato con il presidente e mi ha detto che avrebbe fatto uscire il tecnico, ho risposto di non farlo. Non voglio portare avanti la mia coscienza che toglie l'allenatore alle mie responsabilità. Ho intenzione di riavere il mio lavoro. Combatterò per riavere il mio lavoro e lo riavrò. Sbagliato, ma sempre giusto»
MATURITÀ IN ITALIA
«Chi vive lì (l'Italia) lo apprezza sempre, perché io cambio come persona, lì matura. È arrivato in Italia e ha giocato solo con la palla, ma in Italia ho imparato a giocare senza palla. Esci da un calcio in cui eri sbilanciato, ma io non ho segnato, vado in Italia senza segnare. Rientro dall'Italia segnando e giocando senza palla. Per 85′ abbiamo fatto triangolazioni e mi sono dispiegato all'esterno, non mi hanno mai dato una palla verticale per me da togliere al centro, perché ho guidato profilo destro e sinistro. Lo dico sempre ai ragazzi, ma se sono nati insieme, perché non prendono a calci con entrambi? È una questione di qualità. Tutti abbiamo qualità diverse, ma puoi migliorarle nelle fasi di allenamento, nel professionista è molto più difficile. Lì sono cresciuto come persona e stavo realizzando i miei sogni sulla base dei miei cari».
LA LEZIONE PER JUAN MANUEL VARGAS
«Ho anche raccontato questo aneddoto a Juan Manuel Vargas, perché stava per fare lo stesso errore che ho fatto io in nazionale. Gli ho detto 'attento mi sbagliavo su questo'. Ti sto parlando dei motivi, è stato quando ero allenatore della nazionale nel 2007. Non commettere l'errore che ho fatto io. Sto parlando con te e ti ho detto che giocherai 45 minuti a questa partita e l'altra sta iniziando per questi motivi. 'No, 'insegnante' non verrò da così lontano per andare in banca. 'Ti darò 5 o 10 minuti per pensare. Gli ho raccontato questo aneddoto: 'È stato il più grande errore della mia vita e non vorrei che ti facessi del male come è successo a me'. Poi è venuto e mi ha detto che aveva ragione. Poi ha giocato 45 minuti e poi tutta la partita. Non ho mai deluso i giocatori»
GIULIO CESARE SPEA
«(Ho imparato da) Le battute dei miei compagni di classe, ho mantenuto la parola sul dizionario e ho visto che mi stavano infastidendo. Era il mio meccanismo di apprendimento. E così stavo imparando. Ho parlato con loro, mi hanno fatto una battuta, poi ho cercato la parola nel dizionario per rispondere all'una e all'altra. Fino a quando la stessa necessità di comunicare quotidianamente mi ha portato a imparare l'italiano»
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