Tornando a Roma, «Turandot» si è trasformato in un simbolo di speranza per l'Ucraina.

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Andrea Quest Roma, 17 marzo La tirannia del capolavoro di Giacomo Puccini «Turandot» torna a Roma piena di «forti relazioni con l'oggi», caratterizzata dalla guerra in Ucraina, dalla dittatura di Vladimir Putin, e dal sacrificio del popolo per mano del regista ucraino Oksana Lyniv e dell'attivista cinese Ai Weiwei. Lyniv, che prenderà la bacchetta dell'orchestra, ha sottolineato a Efe di voler mostrare al pubblico «il dolore delle persone, il potere dell'amore, e il messaggio di speranza che le cose possano cambiare» attraverso questo lavoro che sarà proiettato al Teatro dell'Opera di Roma dal 22 al 31 marzo. Lo spettacolo è arrivato sul palco due anni dopo il previsto, un periodo segnato dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina, il che significa che «le produzioni attualmente presentate sono completamente diverse dall'originale», ha detto il regista e scenografo Ai Weiwei nella presentazione di oggi. Questo lavoro di Puccini riflette l'amore, la guerra e i valori che l'umanità ha in quest'epoca. «In questo momento, penso che l'arte sia una voce molto importante per affrontare i problemi della nostra società». Lyniv, arrivato alla presentazione vestito con una camicia nera con una tradizionale stampa ucraina come simbolo di condoglianze al suo popolo, ha detto Lyniv. Al suo debutto nell'opera, Ai Weiwei si è unita al suo partner e ha inviato un messaggio agli artisti di tutto il mondo. «Come artisti, non dobbiamo dimenticare che c'è una voce e che l'opera può essere un mezzo per preservare i valori dell'umanità e della pace». Con l'aiuto di questi due grandi artisti, il pubblico vedrà una reinterpretazione moderna e globalizzata dell'opera di Puccini, mantenendo il finale aperto che il compositore voleva con la morte dello schiavo Liú, che rappresenta «il più grande simbolo di sacrificio per amore», spiega. «L'amore può essere pericoloso e, secondo me, il punto chiave di questa storia è che senza rischi non c'è bellezza, quindi devi rischiare». L'artista che ha deciso di partecipare a questa performance, che è stata la prima e unica esperienza nell'opera, è stato 35 anni fa, ancora di più lo è stata la performance di «Turandot» tenutasi a New York. La decisione di rivelare il fine è stata scelta anche per costringere il pubblico a decidere «quale personaggio vogliono identificare e quale ruolo vorrebbero giocare nella loro vita, Calaf che corre rischi, Liu, la vittima che è stata sacrificata, o Turandot, un prigioniero del potere». Il regista ha concluso la presentazione ricordando gli ucraini che stanno ancora combattendo, così come i milioni di rifugiati che sono rappresentati da un coro d'opera e che, come il popolo ucraino, stanno sacrificando la propria vita per ciò che amano. «Non c'è motivo per una guerra in Ucraina. Putin sta uccidendo il nostro popolo perché amiamo il nostro Paese e la nostra cultura e non accettiamo dittatori, e questo è anche amore, mettendo a rischio la tua vita per difendere valori che sono importanti per te». Il regista ha sottolineato Efe.Best aggiungi/sig/acm (Foto) (video)